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Storie di ordinaria follia di Charles Bukowski

Mi sono decisa a leggere qualcosa di Bukowski perché più di una persona me lo ha consigliato, se non altro perché dicono che vada letto. Ho scelto Storie di ordinaria follia, forse il suo titolo più letto e famoso del quale esiste una trasposizione cinematografica.

 

Storie di ordinaria follia è una raccolta di racconti più o meno autobiografici ambientati tra gli anni '60 e '70 usciti dapprima come articoli su alcuni riviste e poi pubblicati per la prima volta in uno stesso volume nel 1972.

 

Senza soffermarci troppo a chiederci quanto di vero e quanto di fantasioso ci sia nei suoi racconti che a volte tendono al surreale, possiamo sicuramente affermare che riportano fatti e/o deliri di un cinquantenne e della sua vita sregolata. Bukowski non usa alcun filtro ma un linguaggio crudo, volgare, diretto, perché crudo e volgare è anche ciò che viene descritto.

 

L'autore narra di sesso, di perdizioni, di bevute, della vita dissoluta e disordinata che conduceva. Intorno a lui, girano prostitute, barboni, ubriaconi, insomma i reietti della società.

Bukowski, un vagabondo ubriacone che girovaga da un posto all'altro, che non riesce a tenersi un lavoro ma che libero da condizionamenti e da pregiudizi morali, gode di una prospettiva "privilegiata"' sul mondo e sulle sue contraddizioni.

Libero nel pensiero ma prigioniero dei suoi vizi, l'alcool, il sesso, il gioco d'azzardo. Nelle pagine trapela l'insofferenza di un uomo che vive in una società che sempre più guarda alle apparenze e in cui vige il conformismo, la superficialità, l’ipocrisia. Una società nella quale si sente emarginato e solo. Forse solo la scrittura riesce davvero a dare un senso al suo vivere.

 

Un libro che può piacere o no ma che non lascia indifferente il lettore.

 

Una nota negativa dell'edizione Feltrinelli riguarda l'imbarazzante traduzione dello slang americano reso con espressioni dialettali italiane.

 

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