· 

Omaggio a Gian Cavallo

Foto di LeggereOvunque
Foto di LeggereOvunque

Gian Cavallo, uno scrittore, un talento che ci ha lasciato troppo presto a causa di una bruttissima malattia, la sla, che lo aveva già colpito ai tempi della pubblicazione del suo primo romanzo, Uccello migratore.

 

L’opera di Gian, autore poliedrico che passava con disinvoltura da prosa a poesia, da romanzi a racconti, si compone di cinque libri, diversi tra loro per genere e tematiche affrontate, ma accomunate da uno stesso stile. Una prosa asciutta, pulita, chiara, senza inutili orpelli. Una narrazione fluida ma allo stesso tempo intrigante che accompagna il lettore pagina dopo pagina.

 

Il primo libro, lo accennavo, Uccello migratore, un bel giallo, molto ben congegnato. Poi, La memoria, una raccolta di racconti. Proviamo, dai un romanzo bellissimo che si svolge tra Italia e New York. Pensieri colorati, una raccolta di poesie, racconti, riflessioni accompagnate dal colore dei quadri di Anna Maria Ferrari. E, infine, La madre di Cecilia, che solo ora, a distanza di anni dalla scomparsa di Gian ho preso in mano per leggere.

 

Ritrovare Gian Cavallo, dopo tanti anni, e la sua scrittura, è stato come ricongiungermi dopo tanto tempo all’amico caro che avevo trovato in lui, e che ora mi parlava nuovamente. Ho avuto la fortuna di conoscerlo, per via di amicizie in comune, in un forum, e poi di instaurare, attraverso gli strumenti che la tecnologia, mette a disposizione, un rapporto di reciproca stima, affetto, amicizia.

 

Gian era un uomo di grande cultura, una testa pensante come poche, un attento osservatore (d’altronde questa è una caratteristica fondamentale in uno scrittore), un uomo coraggioso che ha affrontato gli anni della malattia con tenacia, testardaggine, e una immensa dignità. L’amore per la scrittura gli ha consentito di andare avanti negli ultimi anni, i più difficili della sua vita.

 

Quest’ultimo romanzo, La madre di Cecilia, pubblicato nel 2013, si apre nel 1980 per poi svilupparsi tra gli inizi degli anni 90 e la prima decade degli anni 2000. È la storia dell’amicizia di due ragazzi, Markus e Dragan, che poi la guerra dei balcani separa e fa schierare su fronti opposti. Un’amicizia che supererà, indenne, apparentemente quella guerra inutile ma sulla quale incomberà il sospetto, l’odio, la sete di vendetta.

 

Il titolo richiama il famoso brano de I promessi sposi di Alessandro Manzoni e non è casuale ma trova una sua ragion d’essere all’interno della storia, tanto da costituirne, poi, la chiave di volta.

 

Un racconto costruito come un mosaico, un puzzle. Dapprima può sconcertare il lettore, che si ritrova a saltare, capitolo dopo capitolo, da un anno all’altro, da un luogo all’altro, incontrando sempre nuovi personaggi. Ma nella seconda parte, tutti i pezzi del puzzle trovano la loro esatta collocazione e mano a mano tutto prende forma. Sembra proprio che Markus abbia tradito l’amico di sempre, diventando complice ed autore di una delle stragi più sanguinose avvenute sul finire della guerra e nella quale venne massacrata la famiglia di Dragan. Dragan si convince della colpevolezza dell’amico e si risveglia in lui la mai sopita brama di vendetta. Ma forse, niente, è davvero come sembra.

 

LeggereOvunque

Scrivi commento

Commenti: 0