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Paolo Borsellino parla ai ragazzi di Pietro Grasso

Anche quella domenica mattina Paolo Borsellino si alzò molto presto, amava dire che gli piaceva l’idea di fottere il mondo con due ore di anticipo.

 

Si mise alla scrivania per rispondere alla lettera di un liceo di Padova dove si sarebbe dovuto, tempo prima, recare per un incontro con gli studenti, ma per un equivoco mancò di presenziare. In quella lettera gli vennero poste delle domande alle quali il giudice iniziò a rispondere. Poi, lasciò questo compito per riprenderlo in un tempo successivo, perché quel giorno doveva recarsi a trovare la madre. Purtroppo Paolo non ebbe più l’occasione di finire la sua lettera: quella domenica in via D’Amelio una bomba interruppe fragorosamente la sua vita e quella dei cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L'unico sopravvissuto fu l'agente Antonino Vullo, risvegliatosi in ospedale dopo l'esplosione, in gravi condizioni. Si salvò perché al momento dell'esplosione stava parcheggiando le auto della scorta.

 

Alle domande poste in quella lettera risponderà ventotto anni dopo Pietro Grasso nell’ultima parte di questo libro.

 

Pietro Grasso lavorò fianco a fianco dei giudici Falcone e Borsellino e in questo libro ripercorre la loro storia comune e un bel pezzo della storia d’Italia.

Furono anni in cui la ferocia della mafia si abbatteva contro chiunque si mettesse contro di essa. Tante furono le vittime tra magistrati e forze dell’ordine che nel compito dello svolgimento del loro dovere vennero barbaramente uccisi. Anni bui in cui la mafia mostrava il suo lato più spietato e violento.

 

Grasso ripercorre le tappe fondamentali della lotta contro la mafia ad opera, in particolare, dei giudici Falcone e Borsellino, le difficoltà incontrate, i successi ottenuti: tra le tante cose si racconta la creazione del pool antimafia, per intuizione di Rocco Chinnici, il Maxiprocesso, le polemiche suscitate da un articolo di Sciascia intitolato I professionisti dell'antimafia e pubblicato sul Corriere della sera, il trasferimento per motivi di sicurezza di Falcone e Borsellino e delle loro famiglie sull’isola dell’Asinara, le varie delusioni professionali e umane che Falcone e Borsellino dovettero digerire in quegli anni in cui varie volte si sentirono soli nella lotta.

 

Questo libro è rivolto ai ragazzi affinché facciano propri i valori e l’esempio dati da questi uomini che non erano eroi, ma uomini per bene, ricchi di umanità e sensibilità, che amavano anche i piccoli piaceri della vita, come stare a tavola, bere un buon bicchiere di vino, scherzare con gli amici, andarsi a comprare una cravatta, fare una passeggiata, tutte cose che però non sempre potevano praticare. Erano degli uomini normali ma, questo sì, eccezionali, dei veri fuoriclasse, sul piano dell’impegno, della competenza, della professionalità e soprattutto del senso del dovere. Nessuno di loro due è stato mai sfiorato nemmeno per un attimo dall’idea di abbandonare questa lotta*.

Un libro che attraverso il racconto di queste vite spese per un grande senso di giustizia e per questo pure spezzate, trasmette la speranza in un futuro migliore, perché se è vero che li hanno uccisi, non hanno e non uccideranno mai le loro idee finché troveranno gambe forti sulle quali camminare.

 

*Citazione dal libro

 

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