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La figlia oscura di Elena Ferrante

Elena Ferrante è una scrittrice nata a Napoli nel 1943; in molti dibattono da anni sulla sua vera identità e su chi si nasconda dietro lo pseudonimo. Tante sono le ipotesi formulate, ma qui ci interessa parlare principalmente di romanzi, di scrittura, di talento.

 

Ferrante ha esordito con il romanzo L’amore molesto nel 1992 a cui hanno fatto seguito L’abbandono nel 2002 e La figlia oscura nel 2006. Successivamente la scrittrice ha raggiunto il grande successo con la quadrilogia dei romanzi de L’amica geniale, da cui una produzione internazionale ha creato la serie televisiva omonima trasmessa da Rai Uno e seguita da tantissimi telespettatori.

I tre romanzi precedenti, compreso, quindi, La figlia oscura, hanno ispirato altrettanti film cinematografici.

 

La figlia oscura è un romanzo breve narrato in prima persona dalla protagonista, Leda, quarantasettenne, madre di due figlie ed insegnante di letteratura inglese all’università.

 

Il romanzo affronta il tema della maternità, del rapporto tra madre e figli, in una chiave diversa rispetto a come solitamente viene presentato.

 

Le prime pagine si aprono con quello che dovrebbe essere il finale del libro. Una situazione nella quale il lettore si trova dinanzi ad un episodio quasi inspiegabile e di cui avrà le risposte alla fine del libro. Da qui, si comincia un viaggio a ritroso nel tempo, che ci porta a quando la protagonista parte per le sue vacanze al mare, con una valigia che contiene non solo i costumi da bagno ma anche i libri sui quali studierà per preparare le lezioni per il rientro a lavoro.

 

In spiaggia,  arriva una famiglia napoletana, composta da personaggi ben delineati dalla scrittrice, e l’attenzione di Leda viene attirata in modo particolare da una giovane mamma e dalla sua bambina che stringe a sé la sua adorata bambola. Osservando i vicini di ombrellone, Leda ripercorre i giorni della sua infanzia con la madre: una donna severa ma comunque presente, nonostante spesso minacciasse di andarsene di casa. Il suo vissuto da bambina ha segnato la sua vita anche in età adulta quando è diventata mamma. Una maternità vissuta quasi come un peso dal quale sottrarsi, abbandonando le sue figlie piccole per tre anni alla cura del padre per poter cercare se stessa, la sua identità e realizzare quei sogni accademici che aveva messo da parte per troppo tempo.

 

Nel corso del racconto, Leda sfoglia, così, pagine importanti della sua vita, legate alla maternità, al senso di inadeguatezza, alla incomunicabilità con le figlie, che ormai adulte si sono trasferite in Canada con il padre.

 

Un libro coraggioso, ben scritto, che scava dentro l’animo oscuro della protagonista;  a tratti inquietante, demolisce lo stereotipo dell’amore materno e ci costringe a riflessioni profonde e mai scontate.

 

LeggereOvunque

 

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